Liliana Cerqueni su "Gente Libera"
Recensione di Liliana Cerqueni in occasione della presentazione del romanzo di Roberto Corradini “GENTE LIBERA” alle Scuole ENAIP di Primiero il 21 marzo 2018.
“Gente Libera” di Roberto Corradini (edito da Curcu & Genovese) narra l’epopea di una famiglia originaria di Ala (Libera di cognome e di temperamento) che, in molti tratti, potrebbe essere quella di altre famiglie trentine del periodo considerato (1850-1950). Una famiglia a cui non è stato risparmiato nulla: due guerre mondiali, una dittatura, morti premature o drammatiche (per malattie, incidenti, bombardamenti), separazioni, internamenti forzati, fughe, emigrazione, licenziamenti, umiliazioni, sacrifici e prove di sopravvivenza di ogni genere. Eppure, questo romanzo epistolare narra (all’interno di un contesto storico rigorosamente rispettato) come tutte e tre le generazioni dei protagonisti siano riuscite sempre ad affrontare le loro vicende esistenziali con determinazione e dignità, sorretti dai loro forti valori di affetto e di solidarietà, dal loro solido attaccamento al territorio dei padri e da un desiderio quasi viscerale di trovare un riscatto e condizioni di vita migliori. Insomma, i personaggi del libro - sudditi dapprima dell’imperatore austriaco e poi del re d’Italia - sopravvivono a due monarchie e a due culture diverse, anche a una dittatura, conservando senza dubbio alcuno le loro specifiche identità e certezze sociali, professionali, religiose, ecc.
Nel romanzo è davvero significativa e pregnante la presenza delle donne (la madre di Ala che in punto di morte affida il suo bambino di 10 anni a un compaesano che parte per il Lombardo Veneto, la maestra di Trento che scrive per gli altri, la prostituta di Verona, la ragazza della birreria di Salisburgo, le cinque sorelle Cestari (rimaste nubili, che vivono insieme e che formano un invincibile “esercito della salvezza” a supporto dell’unica sorella sposata, del cognato e dei due nipoti), altre donne ribelli e sottomesse, acculturate e ignoranti, grandi lavoratrici in proprio o sotto padrone, innamorate, ingannate, coraggiose e perdenti)… Un intero universo di donne che vivono con intensità i ruoli ancestrali e quello che la vita riserva loro. Fra tutte spicca Valeria (una delle protagoniste principali), sempre lontana dal nucleo familiare (perché a servizio - fin da quando aveva 15 anni, prima a Trento e poi a Firenze e a Roma - dei suoi padroni irredentisti e amici di Cesare Battisti), ma sempre presente nel pensiero dei familiari rimasti a Trento o emigrati in Argentina e comunque destinataria di molte lettere. E tocca proprio a Valeria chiudere il cerchio della saga familiare nelle ultime pagine del libro, nelle quali sembra cedere il passo ad una nuova era e consegnare l’eredità dei ricordi ai posteri e soprattutto al pronipote che sta per nascere: infatti, oltre a dargli il primo benvenuto al mondo, quasi lo “elegge” futuro depositario della storia orale dei Libera con la speranza che prima o poi sappia trasformarla in traccia scritta.
Nelle storie narrate in “Gente Libera” si nota costantemente la presenza e l’apporto della Chiesa, che influenza la vita di tutti i protagonisti, sia in positivo che in negativo. Infatti l’autore mette in risalto frati, parroci, suore che ascoltano, accolgono, aiutano, risolvono; ma anche preti scostanti e vescovi altezzosi. Ad esempio, Giovanni Battista Libera disprezza “i cappellani militari che in Galizia prima benedicono i fanti mandati al massacro in battaglia e che subito dopo prendono il caffè con i generali”, ma quando è emigrato in Argentina nota che “il Vaticano qui è molto lontano, il vescovo non si comporta come un mezzo sovrano, i preti dicono messa in chiese modeste e sono tutti alla mano”. In tutto il romanzo traspare l’importanza della scrittura e la musicalità della lingua italiana (la lingua materna di tutti i protagonisti, nati in Trentino ai tempi di Cecco Beppe); traspare soprattutto la necessità del saper scrivere lettere da parte di chi non ebbe, in quei tempi, altro mezzo per comunicare con i propri cari, con quelli cioè che furono allontanati da guerre, emigrazione e vicende varie.
Degna di nota è infine la capacità dell’autore di sdrammatizzare spesso con toni leggeri i fatti pesanti capitati ai protagonisti (due esempi: “Caro ragazzo, il signor Colera è un assassino che gira per i paesi e colpisce alla cieca, ma poi si può stancare per anni.”. Oppure: “Non ho ancora capito, mamma, che mestiere facesse in strada - e soprattutto di notte - la Lorena prima di maritarsi.”).
Liliana Cerqueni, 21 marzo 2018