Luciano Pontalti su "Gente Libera"
Recensione di Luciano Pontalti pubblicata nel giugno 2017 sul mensile “TRENTINI nel MONDO” relativa al romanzo di Roberto Corradini “GENTE LIBERA”.
Dopo un primo romanzo - “ Il Sangue e l’Inchiostro “, dedicato alla vita di due fratelli trentini, uno emigrato nel 1892 in Brasile e l’altro rimasto in patria - Roberto Corradini, con la sua seconda opera “Gente Libera” (edita da Curcu & Genovese, come anche la prima), narra le vicende della famiglia Libera, a partire dal capostipite Donato nato in quel di Ala nel 1844. Anche questo scritto si lega a luoghi noti, ad avvenimenti di cronaca e a persone realmente esistite, senza tuttavia alcun intento di documentazione storica familiare, mentre invece tende a restituire - nel rispetto del vero contesto storico - il senso di impegno esistenziale e di solidarietà vissuti da tante persone in quei medesimi tempi di guerra, privazione e lontananza. L’autore, che fa parlare i protagonisti del romanzo attraverso le lettere che essi si scambiano, trae certamente ispirazione da missive autentiche. Invero, egli, senza voler imitare i modi, l’intercalare e le parole usati nella corrispondenza del tempo – che anzi il linguaggio e il periodare sono quelli di oggi - nel suo testo rispecchia i sentimenti di dolore e di gioia, di preoccupazione e di speranza allora comunemente espressi nelle lettere dei trentini di allora.
Ci si affeziona subito alla storia della famiglia Libera, perché ci si sente vicini alle sue vicissitudini così simili a quelle tramandateci a voce dai nostri parenti e amici. I fatti che si succedono nella vita dei Libera hanno il sapore dell’autenticità: come la chiamata alle armi del nonno Donato, del figlio Giobatta e del nipote Carlo in tre guerre diverse, ma ugualmente insensate e sventurate; come la passione e l’orgoglio per il mestiere di fabbro di Donato e del figlio, umiliati da un infortunio e da una malattia; come l’impiego sacrificato di serva presso famiglie benestanti della zia Valeria; come la forza di una famiglia di sorelle e cognati solidali, in un continuo reciproco sostegno a fronte delle avversità.
“Gente Libera” narra la storia di gente umile, ma determinata ad affrontare dignitosamente i pesanti eventi che caratterizzano il periodo 1850-1950 (due guerre mondiali e tutto il resto!) e che riversano nelle famiglie di tutta Europa (e quindi di tutto il Trentino) ansie e lutti, non certo soddisfazione e sollievo. L’evacuazione di molti civili in Austria e in Boemia durante la prima guerra mondiale, ad esempio, tocca anche la famiglia Libera e - mentre denuncia la diffidenza delle autorità austriache nei confronti dei sudditi trentini - pone in forse il senso di fedeltà all’Impero anche in chi irredentista non era. E ancora: se la pandemia chiamata “spagnola” con cento milioni di vittime non risparmia gli abitanti del Trentino e i Libera, l’affermarsi del regime fascista, inviso al Giobatta, spinge il medesimo a cercare fortuna in Argentina. Solleva meraviglia l’inaugurazione nel 1925 della funivia che collega Trento al sobborgo di Sardagna (ubicato 400 metri più in alto), ma per Valeria è motivo di maggior giubilo il diritto al voto riconosciuto alle donne nel 1946: come tante altre, lei lo può finalmente esercitare, anche se solo in età avanzata!
Dalle pagine del libro emergono quasi in controluce gli elementi che formano il sentire e l’essere della comunità trentina. Innanzitutto vi è il peso di una storia a cavallo tra l’Austria e l’Italia, di mescolanza tra due mondi culturali e di duplice attrazione economica, di modo che è maturata la coscienza di essere non “migliori”, ma solo “diversi” rispetto ad altre popolazioni, sia del nord che del sud. “Ti dirò – scrive il Giobatta emigrato in Argentina – che in terra straniera fa sempre piacere stringer la mano a un altro trentino.”. Ma i personaggi del romanzo esprimono nelle loro lettere pure altri convincimenti: che l’eredità più importante da lasciare ai figli è il buon nome, l’esempio, un lavoro; che la terra è un valore non solo per il contadino; che un mestiere di cui si ha padronanza significa indipendenza; che il risparmio è lodevole; che va rispettata la parola data e che bisogna essere riconoscenti verso chi ci ha aiutato. Oggi le condizioni di vita sono mutate, ma il valore di alcuni principi rimane (o dovrebbe rimanere) intatto.
Infine “Gente Libera” è un libro controcorrente perché, in un’epoca di collegamenti telematici e di consumo veloce di ogni novità, recupera il senso dell’attesa di notizie da una persona cara, quando l’unico o il prevalente mezzo di comunicazione era la posta. Bisognava allora scegliere le notizie da dare e immaginare l’effetto che avrebbero avuto sul destinatario. Inoltre, per iscritto, si aveva il coraggio di manifestare sentimenti e affetti, che a viva voce si avrebbe avuto pudore a confessare. Nel romanzo viene altresì evidenziato il valore delle foto ritratto: esposte in casa, in bella vista, esse fungevano da silenziose testimonianze delle radici e dei rami di una famiglia. Però - va detto - che la nostalgia non è la chiave di lettura del romanzo di Roberto Corradini. Non si avverte il rimpianto del tempo che fu, ma cura delle tracce scritte e orali che i padri e le madri hanno lasciato della loro esistenza: per capire noi stessi, per sapere da dove veniamo e per spronarci a conservare il patrimonio di valori che ci hanno tramandato.
Luciano Pontalti mensile “Trentini nel Mondo” - giugno 2017