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Carlo Martinelli su "Il sangue e l'inchiostro"

Recensione di Carlo Martinelli pubblicata su “TRENTINO” del 22 marzo 2016 relativa al romanzo di Roberto Corradini  “IL SANGUE E L’INCHIOSTRO”. 

Per cominciare la copertina, una delle più belle che l'editoria locale abbia sfornato da tempo a questa parte: una foto degli anni Venti del secolo scorso, a New York; un giovanissimo lustrascarpe cerca un passaggio di fortuna aggrappato alla ruota di scorta di un’automobile; sullo sfondo, distratti, una donna e un uomo guardano chissà dove.

Quale migliore invito a leggere “Il sangue e l’inchiostro” del trentino Roberto Corradini, classe 1949, insegnante nonché viaggiatore? Il suo romanzo - Curcu & Genovese editore, 253 pagine, € 15 - merita attenzione non distratta, nell'ambito di quell'editoria a km zero che deve esserci cara. Romanzo in forma epistolare, i cui 12 capitoli sono costituiti da altrettante lettere. 

Spiega l’autore: “Non sono lettere autentiche, non sono uscite da qualche archivio o cassetto familiare, sono lettere che ho dettato io ai protagonisti del romanzo. Le mie fonti non sono scritte, ma soltanto orali. Nel libro racconto infatti storie private (a volte liete, a volte drammatiche) ascoltate a viva voce da più testimoni trentini (parenti, vicini di casa, colleghi, ecc.). Ho quindi trasferito i racconti orali in lettere “romanzate”, però basate su fatti realmente avvenuti e tutte rispettose del loro particolare contesto storico.”.

Ecco, sta già qui, in questo espediente comunque sorretto da una robusta capacità narrativa, la forza di questo romanzo. Ricco di sorprese, fatti, nomi, date. Dove si dovrà scoprire - ma neppure questo è obbligatorio - il confine fra verità e fantasia. Di certo la curiosità è sollecitata, eccome. 

Ma lasciamo a Roberto Corradini il compito di traghettarci nelle pagine del suo romanzo, tra sangue e inchiostro: “Il libro ha per protagonisti - spiega - due fratelli di Trento, nati sudditi austriaci ma di madrelingua italiana ed è ambientato tra la fine dell'Ottocento e i primi trent'anni del Novecento. Per i primi vent'anni della loro vita, Enrico e Giovanni condividono affetti familiari, giochi con i coetanei e compagnie giovanili; frequentano assieme scuola elementare, chiesa e oratorio; lavorano, gomito a gomito, presso la falegnameria del padre. Il loro mondo gravita tutto in via San Bernardino, a Trento. Poi, spinto più dallo spirito di avventura che dalla necessità, il più giovane dei due lascia la casa paterna per emigrare dapprima in Brasile (nel 1891) e poi negli Stati Uniti (nel 1910). Sebbene separati dall’Atlantico e benché molto diversi per temperamento e inclinazioni professionali, i due fratelli si tengono in contatto e si scambiano a lungo cartoline, fotografie e soprattutto lettere accalorate. Comunicano fra loro usando gli unici strumenti a loro disposizione (carta, penna e calamaio) e confidando sempre nell'incerto e intermittente servizio postale di allora. Si tengono in contatto scritto e si informano reciprocamente di come evolve la loro vita personale e familiare in due continenti diversi e in balia di eventi collettivi anche tragici (su tutti, la prima guerra mondiale). Coltivano sempre la speranza di riabbracciarsi di nuovo e affrontano le tante prove e sorprese che ogni esistenza impone. Trasformano così il loro rapporto di sangue in un appassionato rapporto d’inchiostro.”.

Enrico e Giovanni Corradini, di qua e di là dell’Oceano, vivono la temperie di avvenimenti epocali: l’emigrazione da tutta Europa in America, penosi e lunghi viaggi, accoglienza e integrazione nei paesi ospitanti tutt'altro che scontate (sembra l’oggi…), gli albori del movimento cooperativo trentino, la fine dell'impero di “Cecco Beppe” e la conseguente italianizzazione del Trentino e dell'Alto Adige con l'avvento del fascismo, il proibizionismo e il “gangsterismo” in America, la diffusione della fotografia, della radio, del cinema e dei primi telefoni, la crisi finanziaria del 1929, l'ascesa di Hitler.

La suggestione del romanzo risiede proprio in questo: trasformare le 12 lunghe lettere - lungo le quali si dipana la trama - in un viaggio che da personale diventa collettivo. Dalla falegnameria di Trento si passa ad Amburgo e poi a Santos in Brasile; dalla guerra in Galizia a Little Italy; dalla mecca del cinema, Hollywood, a un famoso fotografo, Unterweger; dai funerali di un celebre gangster americano alla terribile crisi del 1929 che tanti travolse e sconvolse. Così l'inchiostro tiene saldi i legami del sangue e, raccontando di due fratelli - anzi facendoli raccontare - ci restituisce un mondo (due a ben guardare) che è appena dietro l’angolo, anche se oggi ci sembra irrimediabilmente lontano, al tempo di WhatsApp e dei “mi piace” di Facebook.

In questo mio romanzo - conclude Roberto Corradini - ho voluto mettere in risalto pure l'importanza della scrittura e dell’istruzione, la bellezza e la musicalità della lingua italiana, il conforto della fratellanza e della solidarietà, la potenza dell’arte, della creatività e del sentimento.”.

Ci è riuscito? Al lettore la risposta. Per chi scrive, una certezza: in quelle 12 lettere - la prima del 1892, l'ultima del 1937 - vivono emozioni vere e storie altrettanto vere. Sì, l'inchiostro può raccontare il sangue. Perché, avverte la fase di Gabriel Garcia Marquez posta ad inizio romanzo, “La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla”.

Carlo Martinelli  da “Trentino” del 22 marzo 2016 

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About Me

Amo viaggiare, fotografare, ascoltare e osservare, per poi raccontare...  Penso che il mio scrivere sia proprio il racconto di ciò che ho ascoltato e osservato in passato e nel presente.

Editori

Curcu & Genovese - Trento

www.curcugenovese.it

Europa Edizioni - Roma

wwvv.europaedizioni.it

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Roberto  Corradini

info@robertocorradini.it

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